Testo a cura di Donatella
E’ luogo comune credere che il gatto nato randagio sia animale sempre inselvatichito e che sfugga in generale al rapporto con l’umano.
Ma se da un lato tale atteggiamento risulta fondamentale per la sua sopravvivenza, dall’altro rappresenta lo scenario di interlocuzione dell’animale con il vero gattaro.
La parola d’ordine (paradossale se si pensa che non si tratta di comunicazione verbale antropomorfica) è “attenzione”.
E non si tratta della semplice cura o cautela da parte del gattaro verso l’animale ma anche viceversa di osservazione da parte del felino verso questa “strana” categoria di umani interessata a lui.
I gattari con cui intratteniamo rapporti di collaborazione ci riferiscono di mici randagi che riconoscono il rumore della loro auto quando si recano in colonia, uscendo dai nascondigli solo dopo il riconoscimento uditivo di quell’auto (e non di altra analoga).
Spesso nelle colonie è sufficiente che il gattaro parli o pronunci qualche frase (non necessariamente di richiamo) per far “materializzare” gli animali.
La continuità nella frequentazione reciproca e l’attenzione citata in precedenza sfocia con il tempo in comportamenti di fiducia addirittura inusuali da parte del gatto randagio, come manifestazioni di subordinazione al gattaro quali rotolarsi vistosamente a pancia all’aria in sua presenza o seguire al passo la persona quando si allontana a fine accudimento.
Sfatando il pregiudizio che, una volta sfamati, i randagi scompaiano è invece possibile affermare il contrario, ovvero che ci sia una fase di relazionamento tra la persona e l’animale, seppure condizionata dal contesto ambientale dove essa si svolge.
Si tratta di una relazione basata su regole indirettamente dettate dal gatto che devono necessariamente essere rispettate per mantenere uno status di fiducia e contemporaneamente non generare ulteriore stress nel randagio (categoria peraltro implicitamente stressata dai continui adattamenti comportamentali finalizzati alla sopravvivenza).
Il ruolo di gattaro (originariamente nato solo come fornitore di cibo) assume quindi contorni ben più complessi e importanti, comprendendo anche gli ambiti di cura sanitaria e monitoraggio generico della colonia (anche al fine di segnalare nuovi arrivati, come invece purtroppo continua ad accadere).
In sostanza si tratta di un ruolo particolare per il quale è richiesta la massima “attenzione” verso l’animale, del quale vanno compresi necessità, comportamento e caratteristiche etologiche proprie della specie.
Se mai dovesse essere tracciato il profilo del gattaro “ideale” dovrebbe uscirne una sorta di chimera: un po’ umano ma con occhi di gatto e dotato di una mente altrettanto ibrida, disposta a capire e condividere il punto di vista del randagio.