Testo a cura di Donatella

 

 

Tòpos – traslitterazione del greco: «luogo»; significa anche “luogo comune”. Plurale Tòpoi

 

Era lì, era sempre stato lì.
Aveva avuto il destino di nascere randagio.
Proprio sul confine tra la strada e un campo vicino a una cascina.
Un paio di suoi simili erano stati meno fortunati di lui, finiti sotto le ruote di auto di passaggio.
Lui invece aveva visto demolire la cascina.

Aveva dovuto spostarsi, ma solo poco più in là.
Aveva osservato il sorgere, proprio lì, di un grattacielo così alto che faticava a vederne la punta. Nel corso del tempo altre costruzioni moderne erano spuntate tutte intorno come funghi. Grandi ruspe avevano rumorosamente scavato una buca enorme per una cosa chiamata metropolitana. Nonostante tutto, lui continuava a restare nei dintorni e a trovare riparo tra le auto che riempivano i parcheggi.

Un gatto può andare dove vuole.
Lui però voleva vivere lì.

Tra quei giganti di cemento, acciaio e vetro dove le operose formiche umane si muovono freneticamente solo nei giorni lavorativi.
Tanti lo vedevano, incuranti, stagione dopo stagione in fondo a quel fazzoletto di prato che aveva resistito come lui vicino al parcheggio, dove con il passare degli anni altre persone buone gli avevano costruito un riparo e gli portavano cibo.

Come se dargli un giaciglio gli avesse dato diritto di residenza.
Lui sapeva di appartenere a quel territorio.

Quella gelida mattina di dicembre, era strano che Nerino fosse immobile nella cuccia.
Dopo 18 anni da nomade stanziale era venuto il suo tempo per chiudere definitivamente gli occhi e smettere di respirare.
Però sempre lì.

Donatella

 

Il gatto ha nel suo profilo etologico un rapporto specifico ed esclusivo con il “tòpos” inteso come luogo e territorio. Prima ancora di essere assurto a nostro attuale convivente domestico indoor, il felino portava con sè la nomea di essere un animale legato all’ambiente ma non all’uomo. In coerenza con le sue necessità di vita, che prevedono cibo, riparo e possibilità riproduttive, l’antenato dell’attuale gatto doveva assolvere a queste condizioni in maniera autonoma, senza ingerenze umane. Nel momento stesso in cui la domesticazione del felino si completava ad opera di mano umana fornendo al gatto quanto necessitava, è cambiato conseguentemente il suo rapporto con i bipedi che per lui agivano “in loco parentis”, ma non scardinavano il suo relazionarsi profondo con l’ambiente.

Oggi, come centinaia di anni fa, lo spostamento di un gatto selvatico sul territorio avviene sempre per cause ancora legate alle chances di sopravvivenza. Questo significa che – pur con alcune variabili, come la sua curiosità o intraprendenza – un gatto tende a vivere dove i fattori di sopravvivenza sono altamente disponibili/reperibili mentre sono relativamente assenti o minime le occasioni che lui percepisce come pericolo/stress.

La premessa è importante in termini di comprensione della mente felina, sempre in equilibrio tra l’imprinting atavico e la domesticazione estrema. Secondo questa interpretazione è facile comprendere come la frase “un gatto si è perso” sia praticamente un ossimoro. E’ semmai più corretto dire che “un gatto si è spostato altrove”.

Tao

Questo bel micione senior bianco e nero di oltre 11 anni “si è perso” ad Azzano Mella (BS) il 6 marzo 2011 e per fortuna, grazie alla collaborazione di persone sensibili, lo abbiamo ricongiunto alla legittima proprietaria. Ma c’è più di un particolare rilevante: il gatto è stato segnalato a metà aprile 2011 in una cascina a Poncarale, che dista circa 6 km dalla sua abitazione originaria. Perchè si sarebbe dovuto allontanare? Perchè fermarsi proprio in una cascina dove i due cani da guardia non erano nemmeno disposti ad accettarlo? Considerando i parametri dell’età del micio, della sua felice convivenza in famiglia originaria e della distanza dove è stato trovato è ragionevole supporre solo due ipotesi: che involontariamente sia salito su un’auto aperta, diventata per lui un taxi o che invece – probabilità peggiore ma altrettanto realistica – sia stato intenzionalmente deportato altrove da persone senza scrupolo alcuno … Lo stesso si può dire di un altro gatto “perso” a Montirone (BS) e trovato dopo ben 8 mesi a circa 5 km di distanza, sempre per nostro tramite. E’ quindi possibile affermare che lo spostamento sia stato veicolato (termine quanto mai appropriato) da un umano, con o senza volontarietà.
L’importante è che non accada quanto ci ha riportato una famiglia, raccontandoci di come ha finito per adottare a Brescia una gatta della nonna, che abita in Calabria. Rientrando in auto dalle ferie fatte proprio presso la casa calabra, e parcheggiando l’auto in garage hanno avuto la sorpresa di veder uscire dal vano motore una gatta adulta un po’ sporca ma sana e l’hanno riconosciuta subito come appartenente alla nonna, che ne ha poi confermato la scomparsa…

rientro

Se il presupposto della garanzia di assolvimento delle condizioni per sopravvivere è alla base della logica del felino domestico, non ha dunque senso separarsi dalla casa/tana che offre riparo e cibo, e nessun fattore di estremo stress felino.
La cronaca ci offre spunti anche per quanto riguarda i viaggi di ritorno felini verso le proprie abitazioni (e relative famiglie umane) quando per motivi diversi ne vengono intenzionalmente allontanati. Si tratta di casi che hanno dell’eccezionale se si considerano le distanze percorse per il ricongiungimento, le variabili ostili del territorio e l’utilizzo esclusivo dei sensi nell’orientamento spaziale.
Mi è stato riferito di una gatta di cascina che, traslocata insieme ai proprietari in centro al paese in altra abitazione, nel giro di una settimana era ricomparsa alla “sua” cascina, distante circa 9 km dall’appartamento del paese.
Alcuni studi compiuti sulla capacità specifica del gatto di non perdere l’orientamento, hanno evidenziato comunque livelli diversi di abilità felina in questo frangente, ma confermato che nella maggioranza dei mici domestici esiste un invisibile filo che li lega ad un tòpos definibile come primario.
Per un gatto randagio e selvatico, è invece ancora preponderante l’aspetto primordiale di territorialità, da conquistare o da mantenere. Durante il lavoro di sterilizzazione che svolgiamo sul territorio, quando capita di intervenire su una colonia numerosa in contesto relativamente favorevole alla sopravvivenza, è praticamente sicuro che nel raggio di poche centinaia di metri dalla “colonia base” siano nate delle “micro-colonie satellite” come distaccamenti dello stesso enclave. Anche in questo caso la spiegazione viene fornita dal profilo etologico del gatto che non è animale da branco, quindi in caso di presenza contigua territoriale ad alta numericità è assolutamente fisiologico che gatti più intraprendenti, in fase di estro riproduttivo o particolarmente insofferenti al gruppo si allontanino dalla base, sia che questa ospiti un “punto cibo” o viceversa non contenga sufficiente alimentazione.

La colonia è comunque un riferimento in termini di locazione territoriale felina e può rappresentare una variabile da tenere in conto quando si parla di smarrimento di gatti domestici. Molti sono i mici addomesticati vaganti o presunti tali, che abbiamo avuto occasione di recuperare perchè comparsi improvvisamente da un giorno all’altro ai margini di un gruppo convivente di selvatici schivi e intoccabili.
Il cluster di una colonia felina è molto rigido e non accetta quasi mai animali nuovi, perchè visti come possibili depauperatori delle risorse alimentari o come competitors. E questo è un altro dei tòpoi (questa volta inteso come luoghi comuni) tipici di chi abbandona gatti cioè pensare – erroneamente – che lasciarli nei pressi di una colonia garantisca loro una opportunità di sopravvivenza.

rientro

Però Romeo, gatto siamese novarese smarritosi involontariamente nella pausa di un viaggio in auto lungo un tratto di autostrada bresciana, è stato ricongiunto alla sua proprietaria (con la nostra collaborazione) dopo due mesi dallo smarrimento, perchè è rimasto stanziale nei pressi della piazzola autostradale dove era accaduto l’evento e dove vive anche una piccola colonia felina sterilizzata, a cui si era affiancato in modo discretissimo e quasi invisibile.
In sostanza, il rapporto tra il gatto e il tòpos è ancora oggi assolutamente fondamentale, complesso e ricco di aspetti diversi, pur nella sua solo apparente dualità.